mercoledì 5 dicembre 2012

Struffoli (Le Strufole)






RICETTA DEGLI STRUFFOLI
difficoltà: media
Tempo di preparazione: 20 min. + tempo frittura
porzione: per 10 persone
ingredienti:
- Farina 600 gr ,
- Uova 4 + 1 tuorlo,
- zucchero 2 cucchiai ,
- burro 80 gr (una volta si usava lo strutto: 25 gr.)
- 1 bicchierino di limoncello o rum,
- Scorza di mezzo limone grattuggiata
- Sale un pizzico
- olio (o strutto) per friggere
Per condire e decorare:
-Miele 400 gr ,
-confettini colorati (a Napoli si chiamano "diavulilli")
-confettini cannellini (confettini che all'interno contengono aromi alla   cannella)
-100 gr di arancia candita, 100 gr di cedro candito, 50 gr di zucca candita (si trova solo a Napoli: si chiama"cucuzzata")

Questa è la ricetta tradizionale caratterizzata dall'assenza di lievito e struffoli particolarmente croccanti. Nel caso si preferiscono più gonfi, si può aggiungere all'impasto un pizzico di bicarbonato o di ammoniaca per dolci. In questo caso, la pasta deve riposare alcune ore.
Procedimento:
Disponete la farina a fontana sul piano di lavoro, impastatela con uova, burro, zucchero, la scorza grattugiata di mezzo limone,un bicchierino di rum e un pò di sale. Ottenuto un amalgama omogeneo e sostenuto, dategli la forma di una palla e fatelo riposare mezz'ora. Poi lavoratela ancora brevemente e dividetela in pallottole grandi come arance, da cui ricavare, rullandoli sul piano infarinato, tanti bastoncelli spessi un dito; tagliateli a tocchettini che disporrete senza sovrapporli su un telo infarinato.
Al momento di friggerli, porli in un setaccio e scuoterli in modo da eliminare la farina in eccesso.
Friggeteli pochi alla volta in abbondante olio bollente: prelevateli gonfi e dorati, non particolarmente coloriti.   Sgocciolateli e depositateli ad asciugare su carta assorbente da cucina.
Fate liquefare il miele a bagnomaria in una pentola abbastanza capiente, toglitela dal fuoco e unite gli struffoli fritti, rimescolando delicatamente fino a quando non si siano bene impregnati di miele. Versare quindi la metà circa dei confettini e della frutta candita tagliata a pezzettini e rimescolare di nuovo.
Prendete quindi il piatto di portata, mettetevi al centro un barattolo di vetro vuoto (serve per facilitare la formazione del buco centrale) e disponete gli struffoli tutt'intorno a questo in modo da formare una ciambella. Poi, a miele ancora caldo, prendete i confettini e la frutta candita restanti e spargetela sugli struffoli in modo da cercare di ottenere un effetto esteticamente gradevole.
Quando il miele si sarà solidificato, togliete delicatamente il barattolo dal centro del piatto e servite gli struffoli.




Fonte

www.struffoli.it

venerdì 25 maggio 2012

Cazzi Malati


"Cazzi Malati"

A sentire il nome .... Ma non preoccupatevi ! 
Sono solo dei deliziosi dolcetti a base di farina e mosto  cotto,  a cui  qualche fantasiosa donna ha dato questo stravagante nome. 
Ma non lasciatevi impressionare: Se fatti bene, sono davvero squisiti! Occorre impastare farina e mosto ( vinocotto), quindi tirare la pasta e dargli la forma di piccole ciambelline. 
Cuocerli in un casseruola do ve sta bollendo altro vinocotto. 
Si possono mangiare subito o conservare in barattoli di vetro (nel loro succo di cottura).

Pane Scaunisco


Pane Scaunisco

Si fa bollire il mosto fino a quando nn si riduce a circa la metà del contenuto iniziale.
A questo punto si versa a pioggia la farina di mais nella pentola del mosto e si mescola vigorosamente per evitare la formazione di grumi fino a quando nn si stacca dalle pareti della pentola.
Negli ultimi istanti di cottura aggiungeregherigli di noce e nocciole tostate. 
Versare l'impasto sulla spianatoia e stenderlo con il matterello dello spessore di 1 cm. 
Una volta raffreddata, tagliare a losanghe.


Una curiosità: questa ricetta è diffusa in pochi paesi  dell'Irpinia e del Sannio col nome di Pane Scaunisco, ma solo a Torre le Nocelle e a Montemiletto  anche col nome di Pane Panisco.

giovedì 10 maggio 2012

Bonito - Intervista a Gaetano di Vito



La "Mostra permanente della civiltà contadina"  - Intervista a cura di Antonia Belmonte
A Bonito, in un vicoletto che si affaccia sul corso principale del paese, si trova la "Mostra permanente della civiltà contadina". Il proprietario, Gaetano De Vito, negli anni ha raccolto una infinità di oggetti che oggi si possono considerare un vero e proprio Tesoro della Memoria, fa da Cicerone e risponde con piacere alle domande, alle curiosità che gli vengono poste.
Quando e come è nata la sua passione?
La mia passione è nata all'età di dieci anni, raccogliendo una vecchia falce gettata da un contadino nel terreno retrostante la mia abitazione.
Cosa pensava di te la gente da cui ti recavi per chiedere se avessero oggetti antichi di cui disfarsi?
La gente era meravigliata, stupita, diffidente. Si chiedeva perché raccoglievo oggetti da buttare. Questo fino a quando non ho allestito la mia prima mostra, in occasione di una manifestazione estiva. Infatti, da quel momento in poi, sono cominciate anche donazioni spontanee, in quanto la gente cominciava a considerarmi "buon custode della memoria".
Che rapporto ha con i suoi oggetti?
Ogni oggetto è molto importante per me. Ne ricordo la storia, la fattura, i segni particolari e le peripezie per recuperarlo. Inoltre mi ritengo una sorta di "sensitivo"; spesso infatti sogno posti dove trovare determinare oggetti. Mi ci reco e come per magia me li ritrovo davanti agli occhi. Credo di possedere una "Calamita dei desideri", infatti, quando desidero un oggetto, in breve tempo diventa mio.
Quali sono gli oggetti a te più cari?
Un piatto di ceramica arianese risalente al 1700 ed una statuetta di Santa Filomena in cera con vestito di stoffa ricamato a fili d'oro risalente al 1800.
Quando e com'è nata l'idea del museo?
In principio conservavo i miei oggetti in un sottoscala. Dopo la prima mostra, tenutasi a Bonito nell'ambito di una manifestazione estiva, gli inviti ad esporre i miei oggetti nei paesi vicini,il proprietario della Vecchia Torre di San Giorgio del Sannio, mi propose di allestire nel suo ristorante una sorta di museo. Rifiutai perché gli oggetti di Bonito sarebbero stati costretti a traslocare altrove, in un territorio che nn li apparteneva. Ogni oggetto deve restare lì dove è stato trovato per non perdere la propria identità, la propria "personalità". E da qui la convinzione di conservare gli oggetti a Bonito.
Hai legami con persone di altri paesi con passioni simili alla tua?
Si. Col museo di San Potito, Gesualdo, Villanova. Presto anche i miei oggetti per mostre di settore e talvolta ce li scambiamo anche.
Il suo museo, dallo scorso anno, si è spostato in Vico Masaniello. Come mai l'idea di traslocare da quel corridoio che aveva in fitto sul corso principale del paese?
Le sorelle Pagella, la professoressa Ermelinda e la defunta Rosaria, vere amanti della storia e delle attività del nostro paese, hanno deciso di donarmi l'immobile in Vico Masaniello, per regalare adeguata e definitiva sistemazione ai miei oggetti.
Quanto ha influito il conoscere le sorelle Pagelle sulla sua passione?
Tantissimo. Sin da piccolo, infatti, mi hanno trasmesso l'amore per la conoscenza e le nuove scoperte, portandomi con loro a visitare luoghi di interesse storico, raccontandomi aneddoti e facendomi comprendere, quindi, la reale importanza di luoghi ed oggetti.
Tanta gente passa per il suo museo. Ha ospitato anche personaggi famosi?
Si, dal regista Pino Tordiglione allo stilista Leonardo Ferragamo, dal Professore Spagnuolo al paesologo Franco Arminio, da autorità americane a esponenti politici locali, senza dimenticare i numerosi archeologi di fama nazionale a cui talvolta faccio anche da Cicerone.
Come fa fronte alle spese del museo?
Con i contributi liberi dei visitatori e personalmente. Talvolta l'Amministrazione comunale ha contribuito a sovvenzionare la pubblicità di eventi da me organizzati.
Cosa chiederebbe all'attuale amministrazione locale?
Un contributo/sostentamento, in quanto il mio museo rappresenta un orgoglio per il paese ed un maggiore interesse alla promozione dello stesso, in quanto potrebbe rappresentare fonte di crescita e sviluppo per il nostro territorio.
Quali sono i suoi progetti per il futuro?
Fare del giardino del museo una cornice per eventi culturali ed enogastronomici, metterlo a disposizione di turisti e di chiunque volesse passare qualche ora piacevole in un' oasi verde. Una sorta di parco comunale, quindi. Mi piacerebbe ripristinare il selciato, di proprietà comunale, che porta a "Fontananova", antico lavatoio del paese, restaurare la fontana e riportarla all'antico splendore, costruire delle panchine e creare così un percorso naturalistico. Ovviamente con l'aiuto del Comune e delle altre associazioni presenti sul territorio. Ma tra i miei progetti, vi è senz' altro quello di inventariare e catalogare per "futura memoria" ogni singolo oggetto. Scriverne la storia e raccontare la sua identità cosicché la traccia del suo passaggio rimanga nel tempo. 

ANTONIA BELMONTE

domenica 25 marzo 2012

Lo Casatiello



Il casatiello  è una focaccia dolce se farcita con riso e rustica se farcita con riso, grano, formaggio, pepe e sale.
È tipica del periodo pasqua.


CASATIELLO SALATO

 
Ingredienti per la pasta
400 g di farina “00″ bianchissima 150 g di strutto o burro
3 uova, sale,pepe
... Per il ripieno 
2 uova,300 g di ricotta,150 g di grano ,sale,pepe,olio extra vergine
Procedimento:
Forma, su di un piano da lavoro in legno, una fontana con la farina ed all’interno aggiungi le uova, lo strutto, il sale e il pepe. Lavora l’impasto fino ad ottenere una sfera omogenea. Con il mattarello stendi l’impasto e cospargilo di strutto, poi attorciglialo su se stesso e forma una spirale. Ancora una volta stendi la spirale con il mattarello e ripeti l’operazione con lo strutto, avvolgilo e ristendilo. Stiamo in effetti preparando la pasta sfoglia, anche se molti preferiscono l’impasto semplice. Puoi scegliere tu….. Prepara la farcitura semplicemente lavorando in un recipiente la ricotta, le uova, il sale, il pepe ed il grano fatto bollire nel latte e infine l’olio. Stendi l’ impasto con il mattarello sul piano ben infarinato. Forma un cerchio di pasta alta più o meno 3 mm. e farcisci una metà ricoprendola con l’altra. Forma così una mezza luna, accertati che i bordi siano ben chiusi e spennella la superficie della mezza luna con un rosso di uovo. Esegui due tagli sulla gobba. Inforna a 180° per 30 mm. Il casatiello salato è fatto. Ora se vuoi preparare quello dolce basta sostituire il grano con il riso, sempre cotto nel latte, e naturalmente il sale con lo zucchero.







BUON APPETITO!!!

Cipolle sotto la cenere

Il camino è lo strumento di cucina più antico e presente nelle cucine tradizionali. In Irpinia di più perchè gli inverni sono rigidi e lunghi. Così il camino nutre ricordi, menti, sogni e pance. Prendere delle cipolle e senza sbucciarle metterle vicino al fuoco ma sulla cenere. Coprirle, di cenere, ancora ed aspettare. Aspettare chiacchierando, pensando, progettando, sognando. Quando l'odore vi avvertirà la cena sarà pronta. Togliete le foglie esterne, mettete un filo d'olio e del sale un pò grosso. Sapori antichi che volorizzano il gusto vero dei frutti della terra. 









BUON APPETITO!!!

lunedì 19 marzo 2012

Chiesa dell'Oratorio

Dipinto della vecchia chiesa dell'oratorio di Bonito disastrata e poi abbattuta a causa del terremoto del 1962.


venerdì 16 marzo 2012

La storia Ritrovata


Qui di seguito il filmato integrale girato a BONITO qualche giorno fa dalla TV locale TD'I (ch 97 del Digitale terrestre), presso la mostra permanente (ALLA RICERCA DELLE COSE PERDUTE) del signor Gaetano Di Vito.

Il filmato, della durata di circa 20 minuti, mette a conoscenza il pubblico dell'enorme tesoro che il signor Gaetano Di Vito è riuscito a raccogliere,con enorme passione ed impegno, da quando era bambino fino ad oggi.

Il filmato rende bene l'idea su ciò che è stato il nostro passato, ci istruisce su ciò che erano gli usi ed i costumi dei nostri avi.



"LA STORIA RITROVATA"



mercoledì 7 marzo 2012

Pastiera Napoletana: Ricetta Tradizionale



La pastiera, antichissimo dolce pasquale partenopeo, emblema della cucina napoletana, è una torta ricoperta di pasta frolla e farcita con un impasto a base di ricotta, frutta candita, zucchero, uova e grano saraceno cotto nel latte.


La pasta è friabile, mentre il ripieno è morbido e di colore giallo crema. Il profumo e il sapore possono essere diversi, a seconda delle spezie e degli aromi utilizzati durante la preparazione.


La leggenda narra che la sirena Partenope fu la creatrice di questa delizia, probabilmente legata al culto di Cerere, le cui sacerdotesse portavano in processione l’uovo, divenuto simbolo di rinascita nella tradizione cristiana.


Nella ricetta classica gli aromi utilizzati sono cannella, canditi, scorze di limone, vaniglia e acqua di fiori d’arancio, ma esistono varianti moderne che prevedono l’inserimento di altri ingredienti come la crema pasticcera o le gocce di cioccolato.



INGREDIENTI

(Per 8 persone)



Per la frolla
- 250 gr. Farina
- 125 gr. Zucchero a Velo
- 125 gr. Burro
- 2 Uova
- 2 cucchiai di Latte
- 1 bustina di Vanillina
- un pizzico di sale

Per il ripieno

- 250 gr. Grano Saraceno Precotto
- 250 gr. Ricotta di Pecora
- 200 gr. Zucchero
- 4 Uova (2 intere + 2 tuorli)
- 50 gr. Cedro Candito
- 50 gr. Gocce di Cioccolato Fondente
- 20 gr. Burro
- 1 bustina di Vanillina
- 1 Limone non trattato (scorza)
- ½ bottiglietta Acqua di Fiori d’Arancio

COME PREPARARE LA PASTIERA



  1. Prepara la pasta frolla versando la farina precedentemente setacciata nel mixer, aggiungi il burro e un pizzico di sale e aziona il mixer finchè il composto non avrà assunto una consistenza sabbiosa.
  2. Versa il composto su un piano di lavoro, aggiungi lo zucchero a velo, le uova e impasta fino ad ottenere un composto liscio ed omogeneo.
  3. Avvolgi il composto nella pellicola e mettilo in frigorifero.
  4. Fai scaldare in una pentola il grano, il latte, il burro e la scorza grattugiata del limone per 10 minuti a fuoco lento, fino a quando gli ingredienti non si saranno amalgamati.
  5. Versa la ricotta, lo zucchero, le uova, la vanillina e l’aroma di fiori d’arancio nel mixer e frulla il tutto fino a quando gli ingredienti non saranno ben amalgamati.
  6. Mescola i due composti ed aggiungi il cedro candito e le gocce di cioccolato.
  7. Stendi la pasta frolla in una tortiera imburrata e infarinata, usando preferibilmente il tipo a cerchio apribile, e crea un fondo compatto e un bordo laterale piuttosto alto, in modo tale che sia alla stessa altezza del composto, utilizzando una parte della pasta per realizzare delle strisce con l’aiuto di una rotella liscia o dentellata.
  8. Versa il composto nella tortiera facendo attenzione che il bordo laterale della pasta frolla sia alla stessa altezza del composto, e decora la pastiera con le strisce di pasta frolla, formando un disegno a rombi.
  9. Metti la pastiera in forno preriscaldato per circa un’ora a 180°.
  10. A cottura ultimata, lascia raffreddare la pastiera nella tortiera a temperatura ambiente e in un luogo fresco, consumandola preferibilmente il giorno dopo.

mercoledì 29 febbraio 2012

Pietra Irpina




L’Irpinia sub-appenninica è ricca di buoni materiali lapidei adatti alla costruzione e all’impiego pavimentale esterno; materiali un tempo reperibili un po’ ovunque, oggi sono estratti principalmente nelle cave di Sant’Andrea di Conza, Bisaccia e Melito Irpino e lavorati, oltre che nei suddetti siti, nei laboratori di affermata tradizione artigianale: Fontanarosa, Gesualdo, Grottaminarda, Montella, Bagnoli, Nusco, Lioni, Conza.

Nei centri storici scampati al sisma del 1980 la pietra è ovunque; nei portali e nei cantonali dei palazzi nobiliari, nei rosoni e nei basamenti delle chiese, nei davanzali e negli stipiti di porte e finestre, nei balconi e nei gattelli in aggetto, alla base delle case scavate nei fianchi delle rupi … sotto gli intonaci delle case in muratura … nei vicoli e nelle piazze; simbolo arcaico dei luoghi e della secolare abilità dell’uomo che sempre ha affidato alla incorruttibilità della sua superficie parole e segni da tramandare.

Dalle cave autorizzate di Sant’Andrea di Conza-Pescopagano e Melito Irpino si estrae una pietra compatta, chiara e variegata, adatta alla costruzione e alla decorazione, prevalentemente costituita da minerali “di durezza Mohs da 3 a 4”, denominata “brecciato irpino”; si presenta come un conglomerato ghiaioso di varia granulometria e cemento calcareo, costituita da breccia di matrice carbonatica e derivante da rocce sedimentarie; a granulometria minore corrisponde materiale di maggior pregio.

A seconda della granulometria e dei siti originari di estrazione si hanno le varie denominazioni: “favaccio” o “favaccia”, “favaccino”, “brecciato”, “pietra di Fontanarosa”, “pietra di Gesualdo”, ecc.

La superficie a vista viene lavorata bocciardata, picconata, scalpellata, pettinata, levigata e, di recente, sabbiata e burattata. All’interno viene posato con lucidatura in opera.
A Gesualdo si estrae, ormai episodicamente, l’ “onice di Gesualdo”, marmo di grande effetto decorativo, trasparente quando tagliato in lastre sottili, ricco di venature multicolori, non adatto per l’uso esterno.

A Bisaccia, viene ricavata mediante sfaldatura meccanica di cava, una pietra marnoso-calcarea, compatta, lavorabile, con interessanti effetti di colorazione sabbioso-giallastre miste a macchie grigio-brunastre e con vene calcistiche e rossastre. Viene cavata sotto forma di lastrame irregolare e selci, a spessore variabile (40-90 mm.) e pezzature comprese mediamente tra 20 e 60 cm.; il coefficiente di imbibizione medio, contenuto entro il 3%, la rende adatta all’uso esterno.

La buona consistenza strutturale delle due tipologie di pietra irpina, il variegato cromatismo, il comfort al calpestio, le possibili lavorazioni, la resistenza al gelo e all’usura per attrito, consentono una soddisfacente utilizzazione sia nelle pavimentazioni carrabili che pedonali.

La “pietra di Bisaccia”, lasciata a “piano cava”, si presta meglio in genere per pavimentazioni ad opus incertum o a cubetti; il “brecciato” si apprezza soprattutto lavorato in lastre regolari o a correre, basoli, cordoni, zanelle, caditoie, bauletti, dissuasori, panchine.

La posa in opera necessita di una preventiva fondazione di tipo stradale, costituita da una massicciata in pietrame misto costipato e rullato, a cui si sovrappone un massetto in calcestruzzo armato con rete elettrosaldata; sul massetto di posa, in genere realizzato con sabbia di fiume e cemento, battuto a mano, vengono posate “a fresco” le lastre in pietra; i giunti di fuga tra le lastre vengono riempiti con sabbia finissima e cemento in polvere e inumiditi fino alla presa.

Angelo Verderosa, tratto da Il recupero dell’architettura e del paesaggio in Irpinia

domenica 26 febbraio 2012

Il Pane Irpino

In irpinia nasce il pane doc









L’Asso – Api di Avellino propone l’istituzione di un marchio di qualità artigianale sul pane irpino. L’Associazione artigiani e piccoli imprenditori denuncia le difficoltà che vive il settore della panificazione “caratterizzato da una concorrenza selvaggia e da un surplus di offerta nei confronti della domanda che, a causa delle particolari dinamiche commerciali degli ipermercati, porta ad un abbassamento dei prezzi al consumo”.
Il presidente Basilio Minichiello, presidente di Asso-Api Avellino e numero uno dell’Associazione italiana panettieri e pasticcieri chiede l’istituzione di incentivi per chi apre un punto vendita e soprattutto sollecita lo stop al confezionamento in buste di plastica nella Gdo e alla concorrenza spietata, stabilendo un prezzo base di mercato. Ed ancora per l’Asso – Api occorre recuperare il requisito di professionalità da ottenere con un apprendistato in azienda o con un’adeguata formazione di settore. Il tutto con la realizzazione, sull’asse della filiera corta, di farmer’s market territoriali: aggregazioni di produttori agricoli che in specifiche location mettono in commercio le proprie lavorazioni senza intermediari. “L’Irpinia mette in evidenza Minichiello – secondo gli ultimi dati Istat, presenta uno dei prezzi medi più bassi in Italia per il pane che si aggira intorno ad 1,60 euro a chilogrammo rispetto ai 2,76 euro che si captano su scala nazionale”. Una situazione non più tollerabile per i produttori irpini.
Ma la ripresa è possibile. E passa per cinque punti chiave targati Asso-Api Avellino: recuperare il riconoscimento di chi ha vera competenza in panificazione, istituzione di un brand che possa distinguere il prodotto artigiano (lavorato a mano) da quello industriale, evitare la corsa sfrenata al ribasso con una soglia minino di prezzo, sovvenzioni economiche ai produttori per l’apertura di panetterie dove poter vendere anche il pane sfuso, quello a fette, e non confezionato in buste di plastica, bensì imbustato in sacchetti di carta riciclabile.

DI FILOMENA LABRUNA

venerdì 17 febbraio 2012

(OLIO) Irpinia - Colline dell'Ufita

Irpinia - Colline dell'Ufita è il nome di un olio extravergine d'oliva campano aDenominazione d'Origine Protetta. L'area di produzione è in Irpinia e si estende sul territorio di 38 comuni nella parte centro-settentrionale della provincia di Avellino, approssimativamente la Valle Ufita ed il Medio Calore. Le caratteristiche aromatiche e gustative del prodotto sono da ricondurre alla principale varietà di olive che si utilizza come materia prima, la Ravece, pianta di origine non nota che cresce soprattutto in Valle Ufita.
Secondo il disciplinare, la raccolta delle olive deve essere effettuata a mano oppure con l'impiego di macchine, mediante l'uso di reti o altri sistemi di captazione, mentre è vietata la raccolta delle olive cadute naturalmente sul terreno e quella su reti permanenti. Per l'estrazione dell'olio sono ammessi soltanto processi meccanici e fisici. L'imbottigliamento, poi, può avvenire solo nella zona di produzione per garantire controllo e rintracciabilità.[1] La dicitura Irpinia - Colline dell'Ufita può essere accordata solo all'olio d'oliva di tipo extravergine ottenuto dalle olive delle seguenti varietà nelle percentuali indicate:
  • "Ravece", in misura non inferiore al 60%;
  • "Ogliarola", "Marinese", "Olivella", "Ruveia", "Vigna della Corte" da sole o congiuntamente in misura non superiore al 40%;
  • "Leccino" e "Frantoio" in misura non superiore al 10%.
Il prodotto deve presentarsi con le seguenti caratteristiche organolettiche:
DescrittoreMediana
Difetti0
Fruttato di oliva3-6
Amaro2-6
Piccante2-6
Pomodoro2-5
Le caratteristiche chimico-fisiche, invece, sono le seguenti:
  • acidità %: inferiore o uguale a 0,5;
  • indice di perossidi meq O /kg: inferiore o uguale a 2
  • spettrometria UV K232: inferiore o uguale a 2,2;
  • spettrometria UV K270: inferiore o uguale a 0,2;
  • spettrometria Delta K: inferiore o uguale a 0,01;
  • polifenoli totali: superiore o uguale a 100 p.p.m.
L’area geografica di produzione dell’olio 'Irpinia – Colline dell’Ufità è riferita a 38 comuni Irpini di seguito elencati:

Area di produzione nella provincia di Avellino
La superficie degli oliveti si aggira intorno ai 3.500 ha ca., con oltre 9000 aziende coinvolte. La produzione annua media si attesta intorno ai 25.000 q, i due terzi circa della produzione provinciale.[2]
Nell'ambito delle attività di valorizzazione e promozione del prodotto si pone la rassegna "Ex Olivis", organizzata dall'associazione Elaion. La manifestazione, che prese il via nel 1999, si rinnova annualmente, articolandosi in una serie d'incontri, seminari, percorsi ed eventi enogastronomici che si concludono con l'attribuzione del "Premio Oleario del Tricolle" ad Ariano Irpino.
Attualmente l'iter per la concessione della protezione è concluso. L'istruttoria della Commissione europea, infatti, si è conclusa con la pubblicazione del disciplinare di produzione sul GUCE del 14 luglio 2009. Il 10 marzo 2010, la Commissione ha registrato la denominazione d'origine protetta.

FONTE 
WIKIPEDIA