venerdì 25 maggio 2012

Cazzi Malati


"Cazzi Malati"

A sentire il nome .... Ma non preoccupatevi ! 
Sono solo dei deliziosi dolcetti a base di farina e mosto  cotto,  a cui  qualche fantasiosa donna ha dato questo stravagante nome. 
Ma non lasciatevi impressionare: Se fatti bene, sono davvero squisiti! Occorre impastare farina e mosto ( vinocotto), quindi tirare la pasta e dargli la forma di piccole ciambelline. 
Cuocerli in un casseruola do ve sta bollendo altro vinocotto. 
Si possono mangiare subito o conservare in barattoli di vetro (nel loro succo di cottura).

Pane Scaunisco


Pane Scaunisco

Si fa bollire il mosto fino a quando nn si riduce a circa la metà del contenuto iniziale.
A questo punto si versa a pioggia la farina di mais nella pentola del mosto e si mescola vigorosamente per evitare la formazione di grumi fino a quando nn si stacca dalle pareti della pentola.
Negli ultimi istanti di cottura aggiungeregherigli di noce e nocciole tostate. 
Versare l'impasto sulla spianatoia e stenderlo con il matterello dello spessore di 1 cm. 
Una volta raffreddata, tagliare a losanghe.


Una curiosità: questa ricetta è diffusa in pochi paesi  dell'Irpinia e del Sannio col nome di Pane Scaunisco, ma solo a Torre le Nocelle e a Montemiletto  anche col nome di Pane Panisco.

giovedì 10 maggio 2012

Bonito - Intervista a Gaetano di Vito



La "Mostra permanente della civiltà contadina"  - Intervista a cura di Antonia Belmonte
A Bonito, in un vicoletto che si affaccia sul corso principale del paese, si trova la "Mostra permanente della civiltà contadina". Il proprietario, Gaetano De Vito, negli anni ha raccolto una infinità di oggetti che oggi si possono considerare un vero e proprio Tesoro della Memoria, fa da Cicerone e risponde con piacere alle domande, alle curiosità che gli vengono poste.
Quando e come è nata la sua passione?
La mia passione è nata all'età di dieci anni, raccogliendo una vecchia falce gettata da un contadino nel terreno retrostante la mia abitazione.
Cosa pensava di te la gente da cui ti recavi per chiedere se avessero oggetti antichi di cui disfarsi?
La gente era meravigliata, stupita, diffidente. Si chiedeva perché raccoglievo oggetti da buttare. Questo fino a quando non ho allestito la mia prima mostra, in occasione di una manifestazione estiva. Infatti, da quel momento in poi, sono cominciate anche donazioni spontanee, in quanto la gente cominciava a considerarmi "buon custode della memoria".
Che rapporto ha con i suoi oggetti?
Ogni oggetto è molto importante per me. Ne ricordo la storia, la fattura, i segni particolari e le peripezie per recuperarlo. Inoltre mi ritengo una sorta di "sensitivo"; spesso infatti sogno posti dove trovare determinare oggetti. Mi ci reco e come per magia me li ritrovo davanti agli occhi. Credo di possedere una "Calamita dei desideri", infatti, quando desidero un oggetto, in breve tempo diventa mio.
Quali sono gli oggetti a te più cari?
Un piatto di ceramica arianese risalente al 1700 ed una statuetta di Santa Filomena in cera con vestito di stoffa ricamato a fili d'oro risalente al 1800.
Quando e com'è nata l'idea del museo?
In principio conservavo i miei oggetti in un sottoscala. Dopo la prima mostra, tenutasi a Bonito nell'ambito di una manifestazione estiva, gli inviti ad esporre i miei oggetti nei paesi vicini,il proprietario della Vecchia Torre di San Giorgio del Sannio, mi propose di allestire nel suo ristorante una sorta di museo. Rifiutai perché gli oggetti di Bonito sarebbero stati costretti a traslocare altrove, in un territorio che nn li apparteneva. Ogni oggetto deve restare lì dove è stato trovato per non perdere la propria identità, la propria "personalità". E da qui la convinzione di conservare gli oggetti a Bonito.
Hai legami con persone di altri paesi con passioni simili alla tua?
Si. Col museo di San Potito, Gesualdo, Villanova. Presto anche i miei oggetti per mostre di settore e talvolta ce li scambiamo anche.
Il suo museo, dallo scorso anno, si è spostato in Vico Masaniello. Come mai l'idea di traslocare da quel corridoio che aveva in fitto sul corso principale del paese?
Le sorelle Pagella, la professoressa Ermelinda e la defunta Rosaria, vere amanti della storia e delle attività del nostro paese, hanno deciso di donarmi l'immobile in Vico Masaniello, per regalare adeguata e definitiva sistemazione ai miei oggetti.
Quanto ha influito il conoscere le sorelle Pagelle sulla sua passione?
Tantissimo. Sin da piccolo, infatti, mi hanno trasmesso l'amore per la conoscenza e le nuove scoperte, portandomi con loro a visitare luoghi di interesse storico, raccontandomi aneddoti e facendomi comprendere, quindi, la reale importanza di luoghi ed oggetti.
Tanta gente passa per il suo museo. Ha ospitato anche personaggi famosi?
Si, dal regista Pino Tordiglione allo stilista Leonardo Ferragamo, dal Professore Spagnuolo al paesologo Franco Arminio, da autorità americane a esponenti politici locali, senza dimenticare i numerosi archeologi di fama nazionale a cui talvolta faccio anche da Cicerone.
Come fa fronte alle spese del museo?
Con i contributi liberi dei visitatori e personalmente. Talvolta l'Amministrazione comunale ha contribuito a sovvenzionare la pubblicità di eventi da me organizzati.
Cosa chiederebbe all'attuale amministrazione locale?
Un contributo/sostentamento, in quanto il mio museo rappresenta un orgoglio per il paese ed un maggiore interesse alla promozione dello stesso, in quanto potrebbe rappresentare fonte di crescita e sviluppo per il nostro territorio.
Quali sono i suoi progetti per il futuro?
Fare del giardino del museo una cornice per eventi culturali ed enogastronomici, metterlo a disposizione di turisti e di chiunque volesse passare qualche ora piacevole in un' oasi verde. Una sorta di parco comunale, quindi. Mi piacerebbe ripristinare il selciato, di proprietà comunale, che porta a "Fontananova", antico lavatoio del paese, restaurare la fontana e riportarla all'antico splendore, costruire delle panchine e creare così un percorso naturalistico. Ovviamente con l'aiuto del Comune e delle altre associazioni presenti sul territorio. Ma tra i miei progetti, vi è senz' altro quello di inventariare e catalogare per "futura memoria" ogni singolo oggetto. Scriverne la storia e raccontare la sua identità cosicché la traccia del suo passaggio rimanga nel tempo. 

ANTONIA BELMONTE