mercoledì 29 febbraio 2012

Pietra Irpina




L’Irpinia sub-appenninica è ricca di buoni materiali lapidei adatti alla costruzione e all’impiego pavimentale esterno; materiali un tempo reperibili un po’ ovunque, oggi sono estratti principalmente nelle cave di Sant’Andrea di Conza, Bisaccia e Melito Irpino e lavorati, oltre che nei suddetti siti, nei laboratori di affermata tradizione artigianale: Fontanarosa, Gesualdo, Grottaminarda, Montella, Bagnoli, Nusco, Lioni, Conza.

Nei centri storici scampati al sisma del 1980 la pietra è ovunque; nei portali e nei cantonali dei palazzi nobiliari, nei rosoni e nei basamenti delle chiese, nei davanzali e negli stipiti di porte e finestre, nei balconi e nei gattelli in aggetto, alla base delle case scavate nei fianchi delle rupi … sotto gli intonaci delle case in muratura … nei vicoli e nelle piazze; simbolo arcaico dei luoghi e della secolare abilità dell’uomo che sempre ha affidato alla incorruttibilità della sua superficie parole e segni da tramandare.

Dalle cave autorizzate di Sant’Andrea di Conza-Pescopagano e Melito Irpino si estrae una pietra compatta, chiara e variegata, adatta alla costruzione e alla decorazione, prevalentemente costituita da minerali “di durezza Mohs da 3 a 4”, denominata “brecciato irpino”; si presenta come un conglomerato ghiaioso di varia granulometria e cemento calcareo, costituita da breccia di matrice carbonatica e derivante da rocce sedimentarie; a granulometria minore corrisponde materiale di maggior pregio.

A seconda della granulometria e dei siti originari di estrazione si hanno le varie denominazioni: “favaccio” o “favaccia”, “favaccino”, “brecciato”, “pietra di Fontanarosa”, “pietra di Gesualdo”, ecc.

La superficie a vista viene lavorata bocciardata, picconata, scalpellata, pettinata, levigata e, di recente, sabbiata e burattata. All’interno viene posato con lucidatura in opera.
A Gesualdo si estrae, ormai episodicamente, l’ “onice di Gesualdo”, marmo di grande effetto decorativo, trasparente quando tagliato in lastre sottili, ricco di venature multicolori, non adatto per l’uso esterno.

A Bisaccia, viene ricavata mediante sfaldatura meccanica di cava, una pietra marnoso-calcarea, compatta, lavorabile, con interessanti effetti di colorazione sabbioso-giallastre miste a macchie grigio-brunastre e con vene calcistiche e rossastre. Viene cavata sotto forma di lastrame irregolare e selci, a spessore variabile (40-90 mm.) e pezzature comprese mediamente tra 20 e 60 cm.; il coefficiente di imbibizione medio, contenuto entro il 3%, la rende adatta all’uso esterno.

La buona consistenza strutturale delle due tipologie di pietra irpina, il variegato cromatismo, il comfort al calpestio, le possibili lavorazioni, la resistenza al gelo e all’usura per attrito, consentono una soddisfacente utilizzazione sia nelle pavimentazioni carrabili che pedonali.

La “pietra di Bisaccia”, lasciata a “piano cava”, si presta meglio in genere per pavimentazioni ad opus incertum o a cubetti; il “brecciato” si apprezza soprattutto lavorato in lastre regolari o a correre, basoli, cordoni, zanelle, caditoie, bauletti, dissuasori, panchine.

La posa in opera necessita di una preventiva fondazione di tipo stradale, costituita da una massicciata in pietrame misto costipato e rullato, a cui si sovrappone un massetto in calcestruzzo armato con rete elettrosaldata; sul massetto di posa, in genere realizzato con sabbia di fiume e cemento, battuto a mano, vengono posate “a fresco” le lastre in pietra; i giunti di fuga tra le lastre vengono riempiti con sabbia finissima e cemento in polvere e inumiditi fino alla presa.

Angelo Verderosa, tratto da Il recupero dell’architettura e del paesaggio in Irpinia

domenica 26 febbraio 2012

Il Pane Irpino

In irpinia nasce il pane doc









L’Asso – Api di Avellino propone l’istituzione di un marchio di qualità artigianale sul pane irpino. L’Associazione artigiani e piccoli imprenditori denuncia le difficoltà che vive il settore della panificazione “caratterizzato da una concorrenza selvaggia e da un surplus di offerta nei confronti della domanda che, a causa delle particolari dinamiche commerciali degli ipermercati, porta ad un abbassamento dei prezzi al consumo”.
Il presidente Basilio Minichiello, presidente di Asso-Api Avellino e numero uno dell’Associazione italiana panettieri e pasticcieri chiede l’istituzione di incentivi per chi apre un punto vendita e soprattutto sollecita lo stop al confezionamento in buste di plastica nella Gdo e alla concorrenza spietata, stabilendo un prezzo base di mercato. Ed ancora per l’Asso – Api occorre recuperare il requisito di professionalità da ottenere con un apprendistato in azienda o con un’adeguata formazione di settore. Il tutto con la realizzazione, sull’asse della filiera corta, di farmer’s market territoriali: aggregazioni di produttori agricoli che in specifiche location mettono in commercio le proprie lavorazioni senza intermediari. “L’Irpinia mette in evidenza Minichiello – secondo gli ultimi dati Istat, presenta uno dei prezzi medi più bassi in Italia per il pane che si aggira intorno ad 1,60 euro a chilogrammo rispetto ai 2,76 euro che si captano su scala nazionale”. Una situazione non più tollerabile per i produttori irpini.
Ma la ripresa è possibile. E passa per cinque punti chiave targati Asso-Api Avellino: recuperare il riconoscimento di chi ha vera competenza in panificazione, istituzione di un brand che possa distinguere il prodotto artigiano (lavorato a mano) da quello industriale, evitare la corsa sfrenata al ribasso con una soglia minino di prezzo, sovvenzioni economiche ai produttori per l’apertura di panetterie dove poter vendere anche il pane sfuso, quello a fette, e non confezionato in buste di plastica, bensì imbustato in sacchetti di carta riciclabile.

DI FILOMENA LABRUNA

venerdì 17 febbraio 2012

(OLIO) Irpinia - Colline dell'Ufita

Irpinia - Colline dell'Ufita è il nome di un olio extravergine d'oliva campano aDenominazione d'Origine Protetta. L'area di produzione è in Irpinia e si estende sul territorio di 38 comuni nella parte centro-settentrionale della provincia di Avellino, approssimativamente la Valle Ufita ed il Medio Calore. Le caratteristiche aromatiche e gustative del prodotto sono da ricondurre alla principale varietà di olive che si utilizza come materia prima, la Ravece, pianta di origine non nota che cresce soprattutto in Valle Ufita.
Secondo il disciplinare, la raccolta delle olive deve essere effettuata a mano oppure con l'impiego di macchine, mediante l'uso di reti o altri sistemi di captazione, mentre è vietata la raccolta delle olive cadute naturalmente sul terreno e quella su reti permanenti. Per l'estrazione dell'olio sono ammessi soltanto processi meccanici e fisici. L'imbottigliamento, poi, può avvenire solo nella zona di produzione per garantire controllo e rintracciabilità.[1] La dicitura Irpinia - Colline dell'Ufita può essere accordata solo all'olio d'oliva di tipo extravergine ottenuto dalle olive delle seguenti varietà nelle percentuali indicate:
  • "Ravece", in misura non inferiore al 60%;
  • "Ogliarola", "Marinese", "Olivella", "Ruveia", "Vigna della Corte" da sole o congiuntamente in misura non superiore al 40%;
  • "Leccino" e "Frantoio" in misura non superiore al 10%.
Il prodotto deve presentarsi con le seguenti caratteristiche organolettiche:
DescrittoreMediana
Difetti0
Fruttato di oliva3-6
Amaro2-6
Piccante2-6
Pomodoro2-5
Le caratteristiche chimico-fisiche, invece, sono le seguenti:
  • acidità %: inferiore o uguale a 0,5;
  • indice di perossidi meq O /kg: inferiore o uguale a 2
  • spettrometria UV K232: inferiore o uguale a 2,2;
  • spettrometria UV K270: inferiore o uguale a 0,2;
  • spettrometria Delta K: inferiore o uguale a 0,01;
  • polifenoli totali: superiore o uguale a 100 p.p.m.
L’area geografica di produzione dell’olio 'Irpinia – Colline dell’Ufità è riferita a 38 comuni Irpini di seguito elencati:

Area di produzione nella provincia di Avellino
La superficie degli oliveti si aggira intorno ai 3.500 ha ca., con oltre 9000 aziende coinvolte. La produzione annua media si attesta intorno ai 25.000 q, i due terzi circa della produzione provinciale.[2]
Nell'ambito delle attività di valorizzazione e promozione del prodotto si pone la rassegna "Ex Olivis", organizzata dall'associazione Elaion. La manifestazione, che prese il via nel 1999, si rinnova annualmente, articolandosi in una serie d'incontri, seminari, percorsi ed eventi enogastronomici che si concludono con l'attribuzione del "Premio Oleario del Tricolle" ad Ariano Irpino.
Attualmente l'iter per la concessione della protezione è concluso. L'istruttoria della Commissione europea, infatti, si è conclusa con la pubblicazione del disciplinare di produzione sul GUCE del 14 luglio 2009. Il 10 marzo 2010, la Commissione ha registrato la denominazione d'origine protetta.

FONTE 
WIKIPEDIA